Con il decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24 l’Italia ha dato attuazione alla Direttiva WHISTLEBLOWING, (Direttiva UE 2019/1937) direttiva riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni in merito.
L’attuazione avviene con un ritardo di oltre un anno rispetto al termine fissato dalla direttiva degli Stati membri (17 dicembre 2021); infatti lo scorso 15 febbraio la Commissione Europea ha aperto una procedura d’infrazione contro 8 paesi, tra cui l’Italia, per il mancato recepimento della suddetta direttiva.
Obiettivo della normativa europea è rafforzare i principi di trasparenza e responsabilità e prevenire la commissione di reati. La tutela, oggetto della normativa, non fa distinzione tra settore pubblico e privato e si estende anche ai cosiddetti “facilitatori”, coloro i quali prestano assistenza al lavoratore nel processo di segnalazione, ai colleghi e persino ai parenti dei whistleblowers.
La tutela è prevista anche per segnalazioni che si rivelino poi infondate, qualora il segnalante abbia avuto fondati motivi di ritenere che le violazioni fossero vere.
In Italia la normativa è in gran parte in linea con la direttiva europea per quel che concerne il settore pubblico, mentre invece riguardo a quello privato la tutela del whistleblower è limitata.
In ogni caso la tutale implica la garanzia della riservatezza del segnalante, il divieto di atti ritorsivi e la previsione di una giusta causa di rivelazione di segreti che può esonerare il lavoratore da responsabilità civile e penale; mentre cessa in caso di segnalazioni infondate effettuate con dolo o colpa grave.
I soggetti del settore pubblico e privato dovranno predisporre canali di segnalazione interna affidati in gestione ad una persona o ad un apposito ufficio interno autonomo e con personale specificatamente formato, o in alternativa ad un soggetto esterno (anch’esso autonomo e con personale specificatamente formato).