Con la pronuncia dell’1 febbraio 2022, il Tribunale di Lodi ha statuito che non è rinvenibile, nell’ordinamento italiano, alcun principio che riservi ai disabili un particolare trattamento in relazione alle conseguenze sul rapporto di lavoro della durata della malattia.

Questo perché il disabile non è di per sé necessariamente un lavoratore malato, affetto cioè da una patologia che imponga assenza per “malattia”; malattia e disabilità sono infatti concetti separati.

Ciò porta a ritenere che la malattia del disabile non posse sempre ed aprioristicamente essere trattata in maniera diversa da quella del lavoratore non disabile.

La disciplina del comporto nel caso di specie non attua dunque discriminazione, tenendo conto della duplice finalità della norma, volta a salvaguardare sia il diritto del lavoratore disabile alla conservazione del posto sia il diritto del datore di lavoro di risolvere il contratto quando la malattia si protragga per un tempo così lungo da far venire meno l’interesse al rapporto di lavoro con il lavoratore.

A fronte, infatti di un così lungo comporto contrattuale, l’esclusione dal computo dei periodi di malattia legati alla disabilità si risolverebbe in un onere sproporzionato per il datore di lavoro, costringendolo a protrarre  irragionevolmente il rapporto di lavoro con un lavoratore non in grado di garantire la prestazione per un periodo sufficientemente continuativo.

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